La figura biblica i Giobbe - uomo giusto e retto, colpito nel
pieno della sua felicità da innumerevoli sventure - è di straordinaria attualità.
Giobbe incarna tutti coloro che possono cadere improvvisamente nella povertà,
nella solitudine, nella “nudità” della vita, senza avere una qualche colpa,
come accade alle tante famiglie che si ritrovano catapultate nella dura prova da un giorno all'altro.
Davanti alla sventura inaspettata, ancor più se considerata
immeritata, entriamo in crisi: esiste un generale bisogno di trovarvi un perché, che sazi la nostra sete di equilibrio, il nostro senso di giustizia, la nostra
idea retributiva di fede. In questa prospettiva, Giobbe incarna tutti coloro
che cercano il senso autentico del dolore, della sofferenza degli innocenti, della
morte dei figli, delle delusioni che ci vengono dagli altri.
E constatando che la sventura colpisce giusti e ingiusti, fedeli
e atei, in egual maniera e misura, possiamo cadere nella tentazione di credere
che il mondo sia governato dal caso, o peggio, dal caos, o che in Dio non
esistano concretamente giustizia e misericordia.
Colpisce il fatto che Giobbe nella prostrazione e debolezza estreme
non abdichi alla sua rettitudine, alla sua fede. Il suo spessore morale resta intatto,
anche quando le persone a lui più care, la moglie, gli amici, diventano le più
distanti. Così questo uomo ci conferma che siamo umanamente soli, nei grandi
attraversamenti della vita, ma anche che “punire i malvagi e ricompensare i giusti
su questa terra non è il “mestiere” di Dio” (Luigino Bruni, La
sventura di un uomo giusto).
Tant'è, non si chiude rassegnato alla vita e né a Dio, gli
grida semmai il suo bisogno di verità riguardo la sua sofferenza e quella del
mondo intero. Giobbe pone con forza domande di senso, e ci ricorda quanto sia
importante non smettere di farlo, in un tempo di indigenza spirituale, di
dialoghi da talk show, di tweet laconici, tutt'altro che esaustivi.
E Giobbe, inconsapevolmente, ottiene quanto chiede. Si
appropria di verità e sapienza, quelle conosciute da coloro che sono stati attraversati
dal dolore, sperimentando inaspettatamente la solidarietà di chi ha un cuore capace
di vera vicinanza; è così che riesce a rinnovare la speranza in Colui che tutto
può, oltre che nell'uomo.
Quanti Giobbe incolpevoli ci sono oggi nel mondo, ignorati e
abbandonati alla loro povertà? Bisognosi di ascolto, essi attendono da Dio risposte
di senso, e da noi quella vicinanza e solidarietà fraterne che aiutano a riappropriarsi
dello stupore e della speranza.
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