Certo, la famiglia messa in discussione, e reputata sorpassata, è quella normo-costituita, ovvero quella forma sociale ordinata sul matrimonio fra un uomo e una donna e sulla stabilità delle loro relazioni, orientate alla procreazione ed educazione dei figli attraverso la complementarietà e reciprocità.
L'intento dichiarato, anche Italia, è quello di cambiare la definizione di famiglia, riducendola, comunque, alla sola coppia, lasciando il tema dei figli a parte, come si osserva anche in altre legislazioni a riguardo (cfr. Pacs in Francia, Civil Partnership in Gran Bretagna, Lebenspartnerschaft in Germania, ecc.).
Di fatto, si diffondono sempre più le pretese – anche giuridiche – ad avere una famiglia, a patto che quest’ultima sia fatta secondo i gusti e le preferenze individuali. Sostanzialmente si rivendica il diritto alla famiglia come diritto dell’individuo casuale, quale che ne sia il gender, e senza una precisa identità relazionale.
Il dibattito da tempo non si limita solo alla richiesta di legittimare la cosiddetta famiglia di fatto, della coppia uomo-donna senza matrimonio, e le unioni omosessuali. Si inizia a parlare anche di legittimare la famiglia poligamica e fa capolino la cosiddetta famiglia poliamorosa, nella quale, con il consenso del partner, ciascuno è libero di vivere contemporaneamente relazioni affettive con più persone.
Quasi che la famiglia come forma sociale di reciprocità fra i sessi e fra le generazioni non fosse necessaria agli individui e alla società. Quasi che fare famiglia in un modo o nell’altro fosse eticamente neutro e funzionalmente equivalente.
Questa è una visione che viene smentita dalle ricerche empiriche della sociologia relazionale. Assistiamo oggi ad una forte perdita di virtù sociali, questa tendenza tuttavia non è da imputare alla famiglia in quanto tale, quanto ai processi di modernizzazione che hanno deviato il senso e le funzioni sociali della famiglia.
Forse c’è bisogno di ri-conoscere, cioè conoscere ex novo, ciò che è e ciò che fa famiglia. Così come scorgiamo gli effetti negativi della disgregazione sociale causata dalla polverizzazione delle relazioni famigliari comporta, dobbiamo anche riconoscere quanto le famiglie fanno di positivo e virtuoso ogni giorno per rimediare ai disagi, malesseri e patologie sociali.
A noi parrebbe saggio e fruttuoso riconoscere che la famiglia non è solo il luogo in cui possono essere coltivate e trasmesse le virtù personali, ma è anche e soprattutto il contesto naturale in cui le virtù personali diventano virtù sociali.
Se le virtù personali sono riferite alla persona come tale, e il loro centro è la coscienza individuale. Il loro fine è il perfezionamento della persona, la sua piena umanizzazione, le virtù sociali, invece, sono riferite alle relazioni fra le persone e in quanto tali possono generare un bene relazionale oppure un male relazionale.
Il loro fine è il miglioramento della vita sociale, che consiste nella produzione di beni relazionali, come il bene comune, la giustizia, la solidarietà, la sussidiarietà, la pace e la stessa famiglia.
In quest’ottica è facile considerare la famiglia come una risorsa, non solo per ogni individuo ma per la società stessa.
Fonti: P.Donati, Perché
la famiglia? Le risposte della sociologia relazionale
M. S. Archer, La
conversazione interiore. Come nasce l’agire socialeP.Donati, La famiglia. Il genoma che fa vivere la società