Quando parliamo di progetto educativo non ci riferiamo tanto alle modalità di apprendimento all’interno dei contesti scolastici. Stiamo piuttosto pensando alla volontà di trasmettere ai figli un sistema di valori- e conseguenti modelli di comportamento - ritenuti importanti per la crescita, lo sviluppo armonioso e la loro indipendenza, per far sì che diventino domani cittadini del mondo, non solo in grado di fronteggiarlo, ma possibilmente di abitarvi migliorandolo.
Gli esperti affermano che nella genitorialità e coniugalità liquide si alternano ricerca di spensieratezza e fragilità, scelte emotive e precarietà, assenza di disciplina e instabilità affettiva e che queste oscillazioni influiscono sul benessere o malessere della coppia e conseguentemente del bambino.
Sempre gli esperti denunciano ormai da anni un’emergenza educativa legata all’ assenza di valori, rappresentata da alte soglie di trasgressività nei giovani, e vien da chiedersi: da dove iniziare per sostenere le famiglie in questa particolare difficoltà? A quali cause risalire?
Se ragioniamo in termini di bisogni dei figli, non si può non
riconoscere che i genitori sono generalmente solleciti e attenti a tutti i bisogni
fisici e materiali del bambino, fin dalla tenerissima età. Anca massa, direbbe la nostra anziana vicina di casa.
Anche i bisogni di sicurezza, stabilità e affetto vengono
garantiti laddove la famiglia riesce – pur tra tante difficoltà – a restare
unita.
Ma esiste un altro bisogno esistenziale, che ci pare venga
diffusamente ignorato. Non ha natura materiale, né psicologica. È quel bisogno che
potremmo definire spirituale. Agostino
d’Ippona lo riassumeva con queste poche parole: “Signore, tu ci hai fatti per
te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”.
Impartire un’educazione ancorata anche al valore della fede,
oltre a quelli della bellezza, del rispetto degli altri, ecc., può aiutare il
bambino a crescere con una serenità interiore che viene dal sapere che
esiste Qualcuno, che è onnipotente, che l’ha pensato e amato da sempre, che lo
custodisce nel pericolo, lo aiuta nel bisogno, lo accompagna nel cammino e lo
aspetta al termine della vita in Cielo per far festa. Il bambino percepisce
così che non dipende tutto e solo dai genitori, o peggio, da lui.
I bambini che crescono in un contesto familiare che
contempla la dimensione della fede restano egualmente vivaci e a volte tremendi, come dice sempre la nostra
vicina, ma si rivelano anche liberi da quelle ansie, paure e irrequietezze, che
caratterizzano molti loro coetanei privati di questo riferimento. Certo, l’apertura
al trascendente non è l’unica risposta al problema educativo. Ma è una
risposta. Anzi, è una sfida, un’opportunità.
Allora magari un primo passo verso un’inversione di tendenza
può essere quello di recuperare uno sguardo sulla vita che non sia unicamente
orizzontale, ma che sappia anche verticalizzarsi. Occuparsi sì pienamente dell’umano,
ma guardando verso il Cielo, avendo chiaro e insegnando ai figli che non siamo
soli in questo mondo.
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