Cominciamo con la superbia, considerata dai sapienti la madre di tutti i vizi. Nella sua radice etimologica c’è “super”, sopra: il superbo è colui che si sente al di sopra degli altri, più degli altri. C’è una sovrastima di sé stessi, un’autopromozione in pratica. Con la superbia l’io diventa il principio e il fine di tutto. Chi è toccato da questo vizio normalmente giudica e condanna: possiamo dire che il giudizio è la misura della superbia.
Intuiamo facilmente che nella vita di coppia, nel rapporto
con i figli questa caratteristica va minare alla base ogni dinamica
relazionale, perché il giudizio del superbo viene percepito costantemente come
un impedimento alla relazione affettiva libera. Il superbo si reputa per natura
migliore degli altri, senza difetti e limiti, tende a suscitare sensi di colpa,
prevarica, svilisce inesorabilmente chi ha vicino (coniuge, figli), e questi
tenderanno a sentirsi costantemente inadeguati. Egli impedisce anche ai figli di crescere con equilibrio
nella loro identità maschile o femminile; i figli, infatti, tendono ad
identificarsi nel genitore del loro stesso sesso, e si percepiranno sviliti a loro
volta se si identificano col coniuge del superbo.
Può accadere che la superbia sia condivisa da entrambi i
coniugi, si assiste allora all’idolatria della coppia verso sé stessa. Questa
coppia si sente diversa da tutti gli altri, migliore, e finisce per isolarsi, o
a concedersi solo a chi può meritarne la presenza e la compagnia. Il suo
parlare è per lo più improntato al giudizio e alla critica.
Questo vizio va a contaminare alla radice anche il rapporto col
trascendente, dal momento che il superbo divinizza sé stesso prendendo il posto di Dio. Il danno spirituale che arreca questo vizio è
la perdita del senso del peccato, dal momento che non l’amore, bensì il proprio
comportamento diventa il metro per giudicare tutto e tutti. Il superbo tende a esigere da Dio che si
comporti come lui desidera e pensa, e si adirerà con il Creatore se non otterrà
ciò che ritiene giusto, tanto più che pensa di meritare quanto ha invece come
dono.
Esiste una cura? Bè, la fede indica come diventare diversamente
“super”. Basta non elevarsi al di sopra di tutto e tutti, Dio compreso, ma
riconoscersi come semplici creature, e porsi nella condizione di chi trova
gioia nel servire. Facendoci piccoli, attenti agli altri, troveremo la virtù
opposta alla superbia, vale a dire l’umiltà.
L’umiltà è strettamente legata all’amore, quanto più cresciamo nell’umiltà, tanto più cresciamo nell’amore e viceversa: ama di più chi perde di più, ama di più chi è più umile. Certo, questo richiede una vigilanza costante sui nostri pensieri, sulle nostre parole, sulle nostre azioni, ma questo impegno sarà ciò che ci consentirà di amare progressivamente sempre più liberi da noi stessi.
L’umiltà è strettamente legata all’amore, quanto più cresciamo nell’umiltà, tanto più cresciamo nell’amore e viceversa: ama di più chi perde di più, ama di più chi è più umile. Certo, questo richiede una vigilanza costante sui nostri pensieri, sulle nostre parole, sulle nostre azioni, ma questo impegno sarà ciò che ci consentirà di amare progressivamente sempre più liberi da noi stessi.
(fonti: Misteogrande.org; I sette vizi capitali, Dag Tessore)
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